In principio erano i Quindici: l’enciclopedia marroncina che tutti i nati negli anni ’70 hanno avuto in regalo. Giocavo, leggevo, annusavo soprattutto due volumi: le fiabe piene di illustrazioni dai colori sgargianti e il corpo umano con le pagine trasparenti che ricreavano vene, ossa, pelle… Poi è arrivata in casa una collana di fiabe popolari, molto brutta, ma i disegni di “Riccardin dal ciuffo” sono ormai parte del mio DNA. A otto anni ho scoperto il potere delle parole: potevo leggerle e scriverle, potevo creare mondi o immergermi in una bolla di avventure, scoperte, sensazioni. Quindi la bibloteca della circoscrizione ha aperto le sue porte: così ho divorato classici (Twain, Malot, Alcott, Dickens), meno classici (Ende, Salani e suoi Istrici), pubblicazioni del tempo: nella mia memoria ha un posto speciale “Kadisha la figlia del deserto” letto a nove anni e ancora sognato…
(fotografia di Violetta Baracetti)