“Contrapposizione tra libro e tecnologie, falso problema”.
Carla Ida Salviati dirige “La Vita Scolastica”, “Sesamo didattica interculturale”, “Scuola dell’infanzia” e le collaterali riviste online per Giunti Scuola. Suoi settori di studio e di ricerca sono la letteratura giovanile e la storia dell’editoria, con particolare attenzione per quella educativa. Per Editrice Bibliografica ha pubblicato “La biblioteca spiegata agli insegnanti” in cui si propone di osservare la biblioteca dal punto di vista di chi opera con gli studenti affrontando con loro i delicati processi di alfabetizzazione, di familiarizzazione con la ricerca e di accesso alle varie forme del sapere.
Quali sono gli elementi chiave per promuovere un nuovo patto tra docenti e bibliotecari in vista della formazione di nuovi lettori?
“Condividere l’urgenza del problema. Saper leggere è, in assoluto, il nodo principale e preliminare per costruire una società’ consapevole e capace di pensiero autonomo. Sembra semplice condividere questo: la realtà’del nostro paese ci dice il contrario”.
Come conciliare l’esigenza di promozione della lettura del libro tradizionale con le nuove tecnologie sempre più in uso tra le giovani e giovanissime generazioni?
“Non mi appassiona affatto la contrapposizione tra libro e tecnologie. Mi sembra che il problema, così come proposto dai media e da molta banalizzazione, sia un falso problema. Certi passi di Kant o di Leopardi saranno meno ostici solo perché su supporto digitale? Il nodo della questione, semmai, è la consuetudine dei ragazzi ad una scrittura – come quella degli sms – che usa codici specifici e che è sintatticamente semplificata: o almeno così appare a noi adulti. Suggerirei di riflettere su questo, di costruire un percorso di ricerca autentica, di non accontentarsi delle comode risposte prefabbricate. Comunque, chi sa leggere sa usare tutti i linguaggi. Il problema (ancora una volta!) è per chi NON sa leggere. Ed è di questi che dovremmo occuparci. Scuola (in primis) e biblioteca”
Quali sono gli errori più frequenti in cui incorrono gli educatori quando, benché guidati dalla buona intenzione di far leggere i ragazzi, ottengono invece l’effetto opposto di allontanarli?
“Gli educatori che hanno competenze vere sulla lettura non compiono mai errori. Li compiono gli educatori poco o male preparati: quelli che sulla lettura non hanno riflettuto o non sono stati formati o che sono erroneamente convinti che si impari a leggere nei primi anni della plenaria. Bisogna ripensare e rilanciare la formazione dei docenti. L’ho appena scritto su ‘Vita Scolastica’ e su ‘Scuola dell’infanzia’: è il passo più importante, su tutto il sistema. E sulla lettura, in particolare. Ci sono carenze, anche solo informative, molto grandi tra gli insegnanti, che devono essere colmate se si vuole seriamente affrontare il problema”.
La scuola non può abdicare alla sua funzione di formare nei giovani l’intelligenza critica, anche attraverso una corretta educazione alla lettura. Ma oggi a che punto siamo secondo lei da questo punto di vista?
“Siamo davvero molto mal messi. Bisognerebbe che ogni anno il Miur promuovesse un piano sulla lettura. Su questo troverebbe molti alleati, dal pubblico, come le biblioteche, al privato, come le librerie, gli editori….E, guardi, non sarebbe neanche una questione di fondi”.
Come valuta l’iniziativa del festival di letteratura bambina promosso nell’ambito del progetto “Crescere Leggendo” in Friuli Venezia Giulia?
“Tutte le iniziative che mettono insieme, attorno a un tavolo reale o simbolico, il mondo della scuola e quello delle biblioteche sono, anche solo per questo, meritorie. Ho insistito molto su questo nel mio libretto ‘La biblioteca spiegata agli insegnanti’ edito dalla Bibliografica. Il guaio originario sta proprio nella mancanza di conoscenza reciproca: e quindi di rispetto. Tutti e due i mondi hanno problemi grandi, ma anche potenzialità enormi”.
Una domanda che rivolgiamo a tutti i relatori: che ricordo ha delle sue letture d’infanzia?
“Di momenti straordinari: le letture mi hanno aiutata a vivere e, certamente, a crescere. Ho letto almeno cinquanta volte “Piccole donne”: e forse lei neppure ci crede… Poi ho trovato ‘Madame Bovary’ nella biblioteca di mio padre. Ma dopo una settimana non l’ho trovato più. Ecco perché i libri mi hanno aiutata a crescere, perché’ ho capito che dentro c’erano i destini umani. Anche quelli meno apprezzati dagli adulti o considerati ‘pericolosi’”.